La Nuova Via della Seta

Proviamo a semplificare quanto si è ascoltato finora sulla “Via della Seta” ?

La nuova Via della Seta (One Belt One Road), prevede la suddivisione dello spostamento merci in due macro gruppi:

il primo comprenderebbe un percorso terrestre, diviso in tre rotte che potenzialmente metterebbe in comunicazione la Cina con Sud-Est asiatico, Medio Oriente e Europa;

il secondo gruppo dovrebbe prevedere  un percorso marittimo con il porto di Fuzhou individuato come punto di partenza; anche in questo caso si snoderanno due differenti rotte, la prima che dalla Cina si dirige verso l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e infine l’Europa, mentre la seconda che si dirige verso le isole pacifiche attraverso il mare di Cina.

L’iniziativa punta a migliorare o creare nuovi collegamenti geografici e politici tra la Cina e i paesi vicini. L’iniziativa mira allo sviluppo di legami internazionali per porre rimedio a tematiche quali l’assorbimento della sovracapacità produttiva delle aziende locali e il mantenimento di un’elevata percentuale di crescita di PIL. La volontà diventa quindi quella di investire ingenti somme per lo sviluppo di infrastrutture dei paesi coinvolti nel progetto.

La parola chiave di questo progetto cinese è “Connessione”. La Cina si è infatti imposta cinque obiettivi fondamentali:

  • Connettere i paesi, facilitando la comunicazione fra i diversi governi;
  • Connettere le infrastrutture, per facilitare il trasporto di merci e il passaggio di persone  fra i vari paesi;
  • Connettere le economie, al fine di aumentare i volumi commerciali;
  • Connettere i capitali, in modo da incentivarne i flussi;
  • Connettere le persone, facilitare gli scambi tra diverse culture e sistemi educativi, incentivare la condivisione delle tecnologie e degli usi.

Per poter raggiungere gli obiettivi che il governo cinese si è prefissato, è necessario applicare politiche volte alla stabilizzazione del mercato interno, ed evitare la svalutazione dello Yuan (la moneta locale, ndr).

Infatti un progetto di tali dimensioni non può non comportare dei rischi e delle criticità. Da non sottovalutare, in primis, l’opposizione statunitense alla fondazione della Asian Infrastructure Investment Bank, istituto che si figura come la risposta agli elevati standard d’accesso e all’ingerenza degli affari affiliati da parte di entità quali la Asian Development Bank, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

Altro fattore di criticità è dato dall’invasività del progetto stesso che rischia di intaccare e oscurare gli accordi tra paesi precedentemente stipulati. Inoltre anche l’instabilità politica e le difficoltà economiche di alcuni paesi interessati dal progetto OBOR (One Belt One Road) possono giocare un ruolo rilevante, così come la percezione dei vantaggi connessi al progetto.

La più grande sfida rimane, tuttavia, la situazione e la stabilità economica cinese. La crescente svalutazione della moneta e la conseguente politica monetaria utilizzata dal governo pongono grossi dubbi sulla futura stabilità dell’economia di Pechino.  Tutto questo rischia di mettere a dura prova gli obiettivi posti dal governo come il mantenimento della crescita del 6,5% annuo del PIL e il passaggio della Cina ad un’economia di consumo.

Il 23 Marzo a Villa Madama è stato firmato il Memorandum d’Intesa tra Italia e Cina sulla collaborazione nell’ambito della Via della Seta Economica e dell’Iniziativa per una Via della Seta marittima del 21esimo secolo. Dieci le intese commerciali, dai porti all’energia, e diciannove quelle istituzionali, che riguardano, tra gli altri,  arance, reperti archeologici, esplorazione spaziale, gemellaggi tra città e regioni di Italia e Cina. Ventinove accordi per un totale di 2,5 miliardi, anche se il potenziale è di 20 miliardi.

Dai porti all’energia fino alla promozione dello stile di vita italiano in Cina: importante segnalare l’accordo di cooperazione tra Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale-porti di Trieste e Monfalcone e China Communications Construction Group e l’accordo di cooperazione tra il Commissario straordinario per la ricostruzione di Genova, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale e China Communications Construction Group.

Dai giochi, al momento, è stata esclusa Venezia, ritenuta non pronta, con le attuali infrastrutture e progetti presentati, a far fronte alla grandezza del progetto. Tuttavia Venezia sta cercando di correre ai ripari, in modo da non perdere quest’occasione di connessione con l’Oriente. L’ultimo progetto presentato parla di un terminal in mare per far attraccare le grandi navi container con la collaborazione dei cinesi. È la rivisitazione (in piccolo) del terminal off shore su cui aveva puntato l’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa per garantire l’accessibilità a Venezia anche con il Mose alzato. Questa voglia di rilancio è dimostrata anche dall’accordo siglato nei mesi scorsi, un’intesa con il porto di Pireo nonché l’unico accordo di collaborazione rafforzata sottoscritto con gli scali del Mediterraneo. Il risultato è una nuova linea settimanale con Cosco Shipping (l’azionista di maggioranza) che collega Venezia al Pireo, che si va ad aggiungere alle portacontainer che arrivano nel terminal della Serenissima dall’Indonesia e dalle località sulla Via della Seta.

I memoranda firmati tuttavia sembra abbiano il sapore di una intesa puramente politica; temiamo infatti che la realizzazione delle infrastrutture dovrà passare il vaglio di decine e decine di commissioni, gare pubbliche, bandi, opposizioni, ricorsi, garanti della concorrenza e molti moltissimi altri soggetti, istituzionali e parapolitici, con una dilatazione dei tempi non prevedibile.

La preoccupazione delle categorie produttive è senz’altro quella appena commentata; sarebbe forse stato più auspicabile un minor impatto mediatico ed una maggiore concretezza nei progetti, che ci piacerebbe veder esecutivi nel breve termine.